Juliane Koepcke: sopravvivere ad un disastro aereo e alla giungla
Si può sopravvivere ad un disastro aereo? È possibile sopravvivere da soli senza cibo né acqua per giorni nella foresta Amazzonica? È possibile fare entrambi? Juliane Koepcke è la risposta a tutte queste domande.
Nel 2020, la signora Koepcke, oggi Diller è una signora di 65 anni, biologa specializzata in pipistrelli, che vive a Monaco di Baviera. Ma non è per questo che viene ricordata la signora Koepcke.
Juliane, figlia di un biologo e di un’etologa, vive un’adolescenza un po’ particolare. Quando ha 14 anni, i suoi genitori si trasferiscono a Panguana nel cuore della foresta Amazzonica e Juliane impara a sopravvivere nella “giungla”. Purtroppo, anche la libertà finisce e Juliane deve tornare a Lima a prendere il diploma.
Il giorno del diploma è il 23 dicembre 1971, così la madre di Juliane, presente al diploma della figlia, prenota un volo per tornare a Panguana il 24 dicembre. Avete mai provato a volare a Natale? Tutti i voli erano prenotati, ma riescono a trovare posto su un volo delle Lineas Aéreas Nacionales S.A. (LANSA). La fregatura? LANSA aveva veramente una pessima reputazione tant’è che anche il padre di Juliane non vuole che la moglie voli con quella compagnia.
Quella volta, in realtà, non fu nemmeno tutta colpa della compagnia. Il volo LANSA 508, con 92 persone a bordo, entrò in una tempesta, venne colpito da un fulmine e si disintegrò in aria. È il più grave disastro aereo della storia causato da un fulmine. Come da cronache recenti, un aereo che si disintegra a mezz’aria lascia poco spazio alla speranza, invece, in questo caso, senza missili e con solo le forze della natura, Juliane si salvò. Quando la ragazza riprese conoscenza si ritrovò attaccata al suo sedile che le aveva attutito la caduta insieme ad una qualche centinaio/migliaio di alberi.
Juliane era da sola: una clavicola rotta, un occhio gonfio che le impediva di vedere, gli occhiali sbriciolati chissà dove, una commozione celebrale e qualche ferita qui e lì.
Svenendo di quando in quando, trovò un corso d’acqua e lo seguì alla ricerca della civiltà, galleggiando e lasciandosi trasportare dalla corrente. Solo il decimo giorno trovò una barca motorizzata e un piccolo rifugio di pescatori: si disinfettò le ferite, infette e piene di larve di insetti che continuavano a pungerla in quelle notti insonni, con la benzina e si riposò nel rifugio. Perché non usò la barca? Perché non voleva rubarla.
L’indomani i pescatori si spaventarono non poco trovandola a dormire in mezzo alle reti più morta che viva, ma Juliane fu portata in ospedale e poté ricongiungersi a suo padre.
Juliane Koepcke in realtà non fu l’unica persona a sopravvivere: anche la madre, che sedeva accanto a lei, sopravvisse, ma, come un’altra decina di persone, morì in attesa dei soccorsi a causa delle ferite riportate.
Tutt’oggi nessuno sa con certezza come fece a salvarsi: l’ipotesi più probabile è che i sedili rimasti ancorati al suo si siano trasformati in paracaduti e l’aria della tempesta abbia rallentato la caduta, permettendole di planare.
LANSA perse la licenza di volo 11 giorni dopo il disastro.
Juliane Koepcke non è, nella storia, la sola sopravvissuta a tragici disastri aerei, ma, probabilmente è la più famosa anche grazie a libri e film che raccontano la sua avventura.
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